15 aprile, il racconto della maratona di Parigi

di Michele Passarelli Lio

Una rotonda, dopo qualche Km si rivede una grande folla, il satellitare segna già 42,300 … la Maratona dovrebbe essere finita già da un centinaio di metri … c’è una curva a destra e … e ritornano l’emozione, i brividi, la commozione che avevo provato solo alla prima Maratona della mia vita … L’arco di Trionfo sullo sfondo, il traguardo a vista ormai, una marea di gente a gridare ai bordi della strada, i fotografi, lo speaker che dice i nomi di coloro che tagliano il traguardo … insomma anche questa è fatta e con la solita, immensa ma gioiosa, fatica.
Il senso della mia Maratona di Parigi potrebbe anche concludersi qui, perchè il senso della Maratona sta tutto in quegli ultimi metri, in quelle sensazioni che provi in quei momenti e che ti permettono, incredibilmente se ragioni in modo razionale, di dimenticare completamente la fatica che hai fatto per arrivare fin lì. Non solo e non tanto la fatica di quel giorno … tanta, tantissima; ma anche dei 4 mesi di allenamento, delle alzatacce alle 5,15, ai lunghi, al freddo, da solo sul viale di Marina … alle discussioni con la famiglia, perchè l’età avanza e la salute non sempre è quella dei tempi migliori … insomma tutto, veramente tutto; l’unica cosa che ti viene in mente è: “quando è la prossima?”. Chi non l’ha mai fatta, una Maratona, non può capire e noi che lo sappiamo dobbiamo essere “comprensivi” … è una sfida con te stesso, ogni metro che fai, sacrificando tanto ma, secondo me, ottenendo tanto di più. La preparazione questa volta è stata caratterizzata da un po’ di problemi di salute all’inizio che mi hanno fatto iniziare in ritardo e con i problemi legati anche ai medicinali che devo prendere; una difficoltà quindi a prendere il giusto ritmo nel primo mese; un’influenza presa nel momento più delicato dell’inizio dei lunghi; la parte finale in crescendo, su ritmi da 4 ore e quindi in piena tabella per rispettare l’obiettivo. In pratica arrivo a Parigi ottimista e pieno di voglia di correre.
Fra l’altro per la prima volta ho la famiglia al seguito, un’emozione anche questa particolare, anche se è costata un po’ di fatica nel fare tutti i giri “obbligatori” dei turisti … ma in fondo siamo soprattutto questo ed è giusto anche così.
La giornata inizia alle 5,30; sveglia e colazione con Felicino nella vuota cucina dei fraticelli … a secco, senza il tè (che oggi mi mancherà tanto, anche in seguito). Appuntamento alle 7 con Stefanuzzo sul binario di Les Halles … arriviamo e ovviamente non c’è … e non avevamo pensato che lo snodo principale della metro di Parigi potesse avere più di un’uscita. Insomma un po’ di ritardo, ma arrivo alla consegna borse in pieno orario. Lunga camminata per Avenue Foche, borsa consegnata ed inizio della ricerca di un bagno per Felicino che stressa che deve fare la pipì, visto che avrà bevuto almeno 12 litri di acqua ed intrugli vari. Io credo di non aver mai visto un essere umano fare tanta pipì in una volta sola … c’erano almeno 2000 persone che facevano il tifo per lui, una ola di 3 km ha salutato la sua uscita dal “pisciatoio” dopo circa 15 minuti continui … un record credo mondiale. Entriamo nelle gabbie … dopo altre varie pipì di Felicino, siamo in quella delle 4,15 … parecchio indietro. Nelle gabbie si respira un’area strana … fa molto freddo, molto di più del giorno precedente, molti, fra cui noi, sembrano sorpresi da questo improvviso cambio di temperature … e soprattutto c’è vento e si sente anche in mezzo ai palazzi. Molta tensione da parte di tutti … io controllo il cardio e vedo che, da fermo, ho 111 battiti al minuto … il giorno dopo capirò che non era solo emozione. Per partire ci vogliono oltre 40 minuti rispetto allo start ufficiale, ma finalmente, verso le 9,30 si parte. La cosa che più ci impressiona è il rumore della Maratona di Parigi; si sente un battito costante di piedi sull’asfalto che fa paura. Immagino chi è a casa, non si ricorda dell’evento e sente una cosa del genere non può che pensare ad un terremoto (un po’ ritmato a dire il vero). Abbiamo appuntamento con le nostre famiglie ed il nostro coach per strada, ma capiamo subito che sarà pressochè impossibile vederli: c’è tantissimo tifo per strada … i parigini, credo freddi per natura, si sono riscaldati parecchio per questo evento. Addirittura spesso il pubblico non riesce a stare sui marciapiedi e straborda in strada, rendendo un po’ complesso il passaggio e la nostra “remuntada”. Eh sì, noi rimontiamo. Facciamo un ritmo da 5,40 nei primi 3 Km, ci fermiamo per un’ulteriore pipì (ma stavolta è a Stefanuzzo che scappa) di fronte al garage di un povero tizio che quando sarà uscito con la macchina immagino cosa abbia potuto augurarci, e poi via a 5,30 di media al Km, per stare sotto le 4 ore totali. Certo superare quella massa di gente è dura, spesso ci tocca stare molto larghi rispetto alla linea ideale di corsa ed ad andare a zig zag … con qualche incidente tipo il pugno sferrato da Stefanuzzo ad una povera inglesina che ha risposto con un “Fuck” e uno “Shit” che ancora ci chiediamo cosa avesse voluto significare.
Si passa dalla Bastiglia e si entra nel primo parco di giornata, Bois de Vincennes, un po’ di sali scendi ma nei primi 20 km non dà fastidio. Il ritmo è buono, la folla si dirada un po’ e si corre molto meglio. Siamo sul ritmo desiderato (5,35), io faccio un po’ di fatica sinceramente a tenerlo, ogni tanto perdo una decina di metri che poi recupero in progressione, ma insomma ci sta anche questo. Si arriva alla mezza … passo 5/6 secondi dietro Stefano e Felice che, stavolta, mi aspettano … io vedo che li freno e visto che rispetto al loro ritmo sto correndo più piano gli dico di andare. Gli amici sono amici e loro invece rallentano per aspettarmi di nuovo … a questo punto, al 22° utilizzo la folla di corridori, perdo un po’ di contatto, mi nascondo dietro un gruppetto di runners, loro si voltano 2/3 volte, non mi vedono e continuano sul loro ritmo. Bene, ora sono solo, ma il ritmo continua ad essere quello giusto, 5,40 al Km … posso farcela, lo sento.
Tutto tranquillo fino alla Senna, scendiamo lungo il fiume e lì la prima sorpresa, il vento, contrario, forte e freddo … avevo alzato le maniche della maglietta, le riabbasso. In più, nei vari tunnel che facciamo (3 o 4 non ricordo) fa molto caldo dentro, si suda, e poi quando si esce il vento fa veramente male.
Proseguo sul mio ritmo, tranquillo, il muro si avvicina e pensare a troppe cose non fa bene. Arrivo al 30° a 5,40 precisi di media … come a Pisa, solo che sento di averne di più. Ho fretta di ripartire dal rifornimento e quindi prendo una bottiglietta d’acqua e la butto giù velocemente … è un pezzo di ghiaccio … sento un freddo incredibile nello stomaco, ma vabbè, ci sta pure questo … ripartiamo. Dopo cento metri sento arrivare un crampetto allo stomaco, poi un altro e poi un altro ancora … sopportabili ancora, ma non me li spiego. Poi all’improvviso un vero e proprio dolore allo stomaco … e penso al freddo, al vento ed all’acqua gelida … porca miseriaccia mi sa che mi sono rovinato la corsa. Provo a continuare, ma non ce la faccio a tenere il ritmo; vado sopra i 6 minuti al km e faccio comunque fatica. Mi fermo al 32° … cammino un po’, faccio un po’ di stiramento, allo stomaco non sento più nulla ma ora ho crampi ovunque, anche alle braccia. Vedo il punto Powergade al 33° … riparto per arrivare lì, prendo una bevanda energetica e la chiedo dalla scatola in modo che non sia fredda … un po’ meglio, ma quando riparto ancora dolore allo stomaco. A ritirarmi non ci ho mai pensato, sinceramente, ma lì ho deciso di non guardare neanche più il tempo … ora l’obiettivo è solo arrivare in fondo. Un calvario … mi fermo ancora al 35° dopo il rifornimento … lì provo a mangiare una banana, ma ho subito i conati di vomito ed i crampi … devo camminare almeno 200 mt prima di poter ripartire. Mi fermo al 39° e lì da dietro sento una voce … “Oh, un Rossini (il mio gruppo podistico) non arriverà mica dietro uno delle Sbarre” … è un pisano che non conoscevo. Mi accodo a lui e parliamo un po’, mi distraggo fino al 40° … riprovo a bere, ne ho bisogno, piano piano e camminando per un 2/300 metri prima di ripartire per evitare i dolori. Questa volta va meglio e poi mancano solo 2 km. Bois de Boulogne sembra non finire mai, curve e controcurve, strade strette, poco pubblico … poi all’improvviso un rettilineo ed una runner che, ai bordi della strada, “sventola” la medaglia gridando che ormai è nostra … eh sì, ormai è nostra … vedo in fondo la rotonda ed il rettilineo d’arrivo … mi metto a sinistra mentre tutti stanno a destra (speriamo non sia così anche alle elezioni presidenziali) e ne supero un centinaio negli ultimi metri … ora sto proprio bene.
Arrivo e telefono subito alla famigghia … sono a cento metri da me ad aspettare con lo striscione del Puppa Team … prendo la medaglia e la maglietta “Finisher” e vado ad abbracciare le mie donne. A fianco vedo Daniela, Matilda e Pippuzzo preoccupati … s’è perso Felicino … io suppongo sia andato a fare pipì, visti i precedenti … ma in effetti credo sia arrivato parecchio prima di me. Vorrei far fare un annuncio allo speaker del tipo supermercato “il bambino Felicino è atteso dalla famiglia al reparto integratori alimentari” … ma vaglielo a spiegà ar francese. Allora mi si accende la lampadina … c’è il punto ritrovo con le lettere del cognome e Felicino sarà lì sicuramente … ed infatti eccolo con la faccina sperduta che aspetta da un bel po’. Alla fine Stefano ha chiuso in 4,03, Felicino in 4,12 io in 4,23 … meno delle nostre apettative, ma, vista la giornatina, comunque felici. Poi la storia continuerebbe con una vacanza condita da furti di portafoglio ed accessi al pronto soccorso francese … ma visto che tutto si è risolto per il meglio, con qualche seccatura ed un po’ di soldi usciti da quel che rimaneva dei nostri portafogli, alla fine è meglio tenermela per me .. e sperare che ci sia una prossima Maratona.
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